Il COVID19 ci ha modernizzati

In questo mio pensiero non inserirò numeri, non parlerò di morti o di sopravvissuti. Sarebbe superfluo, considerando che siamo ormai perseguitati dalle statistiche, dalle previsioni, dalle analisi più o meno valide, giorno e notte.
Ho pensato, allora, di meditare su cosa ci lascerà di positivo questa triste e devastante esperienza.
Ricordo le polemiche scatenatesi nel mio gruppo di amiche una decina d’anni fa, più o meno, quando proposi a tutte di studiare informatica e di favorirne concretamente la diffusione nella scuola per rinnovare gli strumenti didattici o, quantomeno, per aggiornarli.
Spedivamo ancora le lettere con i francobolli e la resistenza ad ogni innovazione era molto radicata in tante colleghe. Ci son voluti anni ma, finalmente, alcune modifiche del nostro vivere quotidiano sono state accettate e l’isolamento domiciliare, causa coronavirus, ha accelerato il processo di modernizzazione tecnologica.
La scuola ha organizzato aule virtuali per consentire a tutti gli alunni di proseguire i loro percorsi formativi; il mondo del lavoro ha incrementato lo smart working; le Università che già gestivano tutto il processo formativo on line oggi vengono viste sotto un’altra luce e, un numero considerevole di piattaforme di comunicazione multimediale, fino a pochi giorni fa sconosciute ai più, sono diventate addirittura popolari.
Nomi come ZOOM, FACE TIME, JITSI MEET, GOOGLE CLASSROOM ed altri sono usati quotidianamente.
La scuola a distanza non è certo una novità in tanti Paesi del mondo.  Esiste da molti anni per soddisfare esigenze diverse. Mi viene in mente l’Australia. Il suo territorio è paragonabile per estensione a quello degli Stati Uniti d’America ma il numero dei suoi abitanti è pari in quantità alla popolazione della sola area metropolitana di Città del Messico, appena 24 milioni in totale.
Lì la multimedialità interattiva è stata sempre un bisogno irrinunciabile considerate le distanze tra le grandi aree metropolitane, tutte concentrate nel sud est dello Stato, e le altre realtà. Vi sono grossi ranch – valutati tra i più grandi al mondo – così lontani dalle grandi città da essere raggiungibili dopo ore e ore di viaggio in macchina o via aerea; i centri abitati dei lontani territori del nord distano più di 3000 chilometri dalla capitale Canberra; alcune tra le più remote aree interne dell’outback australiano sono ancora totalmente isolate.
Soltanto attraverso la multimedialità si può interagire e raggiungere tutti gli abitanti del continente Australia. Nessun bambino, nessuno studente, nessuna persona è lasciata abbandonata.    
Oggi, qui da noi in Italia, il bisogno nasce purtroppo da una calamità sanitaria. L’unico modo che al momento abbiamo per vedere i nostri cari, i nostri amici, per interagire in gruppo, per proseguire nei vari percorsi scolastici, per continuare a lavorare, è costituito soltanto dall’utilizzo di strumenti tecnologici multimediali interattivi. E allora accettiamoli non come un fatto di moda ma come potenziamento dei mezzi già esistenti. Se li useremo bene, senza eccessi e per giusti scopi, svilupperemo orizzonti più vasti e una pluralità di risorse smisurata.

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