La Cucina Rivisitata

Il ri-visitato  

 

Signor Artusi cosa ne pensa della cucina rivisitata? Gli avrei fatto questa domanda. Purtroppo non può darmi la risposta anche se ne ho una certa idea.

Rivisitare un piatto è molto di moda. In tutti i ristoranti ormai troviamo questo termine: rivisitato. Ma che senso ha, mi chiedo? O meglio. Ma cosa vuol dire esattamente? Vogliamo ri-visitare una ricetta per rivivere una certa tradizione? La vogliamo ri-visitare per conoscere meglio quella originale? A quanto pare non è questo che si intende oggi. Io penso che le ricette tradizionali abbiano un fascino unico che dovrebbe essere preservato. I sapori autentici spesso si perdono nelle reinterpretazioni I piatti semplici, tradizionali spesso usano pochi ingredienti e pochi attrezzi consegnando, però, sapori ricchi e pienamente soddisfacenti. Alle mie domande qualche cuoco ha risposto che si tratta di migliorare un piatto ‘alleggerendolo’ e ‘rileggendolo’, ‘scomponendolo’ in chiave moderna. Nella mia esperienza, le ricette tradizionali riportano alla mente bei ricordi e un senso di confort che le versioni moderne non riescono a replicare.

 Vogliamo, per esempio, addensare un sugo? Non cuociamolo a lungo – suggeriscono alcuni chef - come facevano le nostre nonne. Oggi abbiamo poco tempo a disposizione. Basta aggiungere durante la cottura del mais o del roux (immagino questo termine consigliato a mia nonna!).

 Mi dicono anche che bisogna semplificare la cucina ma poi seguo programmi di cucina moderna e noto che per rendere semplice un piatto c’è bisogno di un numero illimitato di strumenti molto sofisticati e di grande abilità da parte dei cuochi.

Mi viene il dubbio che la cucina semplice, che richiama il focolare domestico, che rispetta la tradizione, che fa uso di prodotti genuini, che rispecchia i sapori antichi la si possa trovare prevalentemente nei ristoranti ad alto livello con prezzi inaccessibili ai più.

Quanto costa questa rilettura in chiave moderna!

E che ne pensiamo delle tecniche di lavorazione innovative?

Friggitrice ad aria che frigge ma non frigge; cucina molecolare che abbandona la fiamma e la sostituisce con la cottura dei cibi attraverso reazioni chimiche immediate; cottura in barattolo che garantisce la morbidezza e la succosità dei prodotti; rotavapor che serve a rimuovere dell’acqua dal succo di frutta; pacojet che consente di preparare mousse, purè, zuppe farciture gelati ecc. direttamente dal prodotto congelato; cottura a microonde; cottura a bassa densità utilizzando un forno speciale adatto a mantenere la temperatura costante a 120/125 gradi per mantenere e conservare tutte le proprietà degli ingredienti; cottura sottovuoto che consente una cottura lenta e delicata ma vi assicuro che per ottenerla c’è bisogno di tanto di quel tempo e di attrezzature che non credo sia alla portata di tutti ed  anche in contraddizione con l’affermazione comune che oggi abbiamo poco tempo a disposizione per la cucina;

Sono solo alcune delle tante innovazioni che, nella ri-visitazione, vengono utilizzate frequentemente.

Se ci concentriamo sul proposito di realizzare qualcosa di originale rifacendoci ai piatti della tradizione, ben venga. Ma sarebbe il caso di usare termini nuovi, adatti al piatto creato, cosicché, se ordineremo una carbonara, perché abbiamo voglia di carbonara, saremo sicuri di poter mangiare quello che ci aspettiamo di gustare e non una carbonara alternativa, al gorgonzola. (Mi è stata servita in un ristorante.) Era anche molto gustosa ma non era quello che volevo. Bastava darle un altro nome.

Le ricette non sono immutabili, è vero anche questo. Si evolvono e si adattano al gusto di oggi, mi viene detto. Siamo d’accordo. Ma la nuova moda di ri-creare tutto è la conseguenza della difficoltà di possedere nuove idee. Solitamente nasconde, a mio parere, l’incapacità di confrontarsi con la personalità altrui, con la creatività altrui. E questo sistema diventerà sempre più diffuso con l’intelligenza artificiale che, come si sa, è un’intelligenza ri-generativa (guarda caso) non creativa.

Si è arrivati a proporre l’adattamento ai costumi di oggi in ogni settore, di ri-visitare ogni cosa, persino le opere classiche. Io metterei un divieto assoluto su questo. E non voglio parlare qui della ri-visitazione degli esseri umani.

Il 3 luglio 2023 sono stata all’Arena di Verona a vedere il Rigoletto. Ebbene! Orrore degli orrori (mia opinione), rivisitato anche quello, in chiave neorealista.

Per esempio secondo Daniele Fortuna, giovane e talentuoso artista milanese (che la pensa esattamente all’opposto rispetto a me o io rispetto a lui) è meglio ri-fare qualcosa di già esistente invece di cercare originalità, e così, ha riprodotto, tra le tante altre opere, la Venere di Milo, colorata di un azzurro chiaro e costellata di nuvole bianche che ricoprono l’intero corpo.

Si ri-visita, affermano alcuni, per catturare l’essenza dell’eternità, per catturare il tempo. Ma perché, mi chiedo? Le opere classiche non l’avevano già fatto? 

Avvicinare l’arte antica alle nuove generazioni per renderla più comprensibile, per portare a una comprensione più profonda e sfumata non mi sembra una buona idea. Cosa è rimasto della Notte stellata di Van Gogh, reinterpretata da Aja Kusick? Al posto della chiesa con un campanile che svetta c’è il profilo di Charlie Brown e Snoopy. Se a voi dà la stessa emozione che si ha guardando l’originale in cui la veduta rappresentata è quella ripresa dalla camera nella clinica in cui Van Gogh era ricoverato, bene, vuol dire che anche Snoopy riesce a trasmettere il senso di smarrimento dell’uomo di fronte al senso di infinito di una notte stellata che nella reinterpretazione non esiste più.   

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Anche lui? E l’onorevole non era altri che il nostro presidente Oscar Luigi Scalfaro.

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