La giornata della Terra

Quel piccolo puntino è la Terra.

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/TAMU

Nel 1970 l’ONU ha deciso di dedicare un giorno dell’anno alla celebrazione della Terra. La data è il 22 di Aprile che ricorre esattamente due giorni dopo l’equinozio di primavera. L’intento è quello di porre l’attenzione sul Pianeta che noi abitiamo per cercare di fermare l’azione devastante dell’uomo. Stiamo distruggendo fauna, flora e clima ad un ritmo ormai preoccupante. Siamo, purtroppo, sempre inclini a pensare che al problema ci debbano pensare altri da noi. No, non è così. Ognuno di noi è responsabile del disastro.
Pensiamo mai, per esempio, a quanta acqua sprechiamo solo per lavarci i denti? E per sciacquare una bottiglia? E quanto detersivo in eccesso usiamo nelle nostre lavatrici, nelle nostre lavastoviglie? E quanto spreco nell’utilizzo di contenitori monouso? E quanta plastica impieghiamo per incartare gli alimenti che già troviamo in vendita avvolti in plastica, singolarmente e non più sfusi come si faceva un tempo? E gli oli domestici dove vanno a finire? Come vengono smaltiti? Pensiamo mai che essi non sono idrosolubili e che vanno ad inquinare i corsi d’acqua che poi si riversano in mare andandosi ad aggiungere ad altri scarichi inquinanti? E se lasciassimo le macchine a casa e camminassimo a piedi o usassimo di più le biciclette quando abbiamo la fortuna di vivere in posti di mare o comunque in posti pianeggianti? E se evitassimo di scaldare le nostre case in maniera eccessiva? Sono piccole cose mi direte.  È vero, forse anche irrilevanti confrontati all’ inquinamento causato dalle onde radio emesse dai campi elettromagnetici (il progresso tecnologico è anche questo) ma non è così. Tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche accese in casa nostra creano campi elettromagnetici. I nostri modem WiFi, gli apparecchi telefonici cordless, i forni a microonde, i piani cottura ad induzione, i televisori, le lavatrici, le lavastoviglie e perfino i rasoi elettrici creano inquinamento elettromagnetico. Se avessimo l’accortezza di disattivarli quando non si utilizzano (evitare, in poche parole di tenerli in stand-by) salvaguarderemmo almeno l’ambiente domestico e contribuiremmo non poco a salvaguardare quello esterno.  Cominciamo col porre l’attenzione sulle nostre case.Si parte dal piccolo per riversare i comportamenti virtuosi su campi più vasti.Io ho pensato di dare il mio piccolo contributo non soltanto osservando (soltanto alcune, purtroppo) le indicazioni descritte sopra ma contribuendo anche con una mia modesta iniziativa. Ho incominciato a produrre, con l’olio extravergine d’oliva avanzato dagli anni passati, del sapone biologico. Il sapone fatto in casa ha una lunga storia. Lo si fa risalire al 2800 a.C. in Mesopotamia.  Gli Arabi sono stati i primi ad utilizzare la soda per realizzarlo e in n Francia nacque il sapone di Marsiglia.
Potremmo contribuire nel nostro piccolo a rallentarlo.È, comunque, un piacere farlo e, soprattutto, usarlo. Ma siccome in Italia le nostre leggi, con le solite pastoie burocratiche, vietano anche di regalarlo senza incorrere in denunce penali,  l’unico suggerimento che posso darvi è di  imparare a farlo.

Photo by Micheile Henderson

In Calabria lo si utilizzava per lavarsi le mani ma anche il corpo in genere e il viso,  per lavare i pannolini dei bimbi, – non c’erano ancora quelli commerciali – i camicini dei neonati e la biancheria intima di grandi e piccini per le sue indiscusse qualità naturali e anallergiche. Tra l’altro, è un ottimo smacchiatore.

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