Lo schiaffo
Quando ero bambina lo schiaffo era parte integrante della vita quotidiana. Perché si dava uno schiaffo? Le teorie sono infinite. Chi l’ha ricevuto dirà il suo perché così come chi non ne ha mai ricevuto uno. Si riceveva, principalmente, perché era un sistema educativo rapido e indolore, diciamo la verità. Un doloretto fisico non lascia la traccia che può lasciare un’offesa orale, fatta di accuse, rinfacci, minacce, parolacce, offese di ogni genere.
Io, vi assicuro, ne ho ricevuti tanti di schiaffi e posso esprimere un’opinione basata su fatti concreti e ripetuti nel tempo. Nei miei ricordi non sono contemplate né la violenza né la cattiveria. Lo schiaffo era uno schiaffo e basta, condiviso tra miei coetanei, e il tutto si fermava lì. Non chiamavamo il telefono azzurro (non c’era), non scrivevamo su Facebook (non c’era), non andavamo dall’avvocato (che a sua volta, ci avrebbe mollato un altro schiaffo e rimandati a casa), non portavamo rancore, ma lo condividevamo tra noi e, alla fine concludevamo che, in fondo, era stato pure meritato.
Perché lo si dava, dicevo? Una delle tante funzioni era, secondo me, quella di accelerare i tempi. Un esempio? Il momento tragico dell’assunzione del cucchiaio di olio di ricino – un toccasana, si diceva, prima di affrontare l’estate – e quello dell’assunzione altrettanto forzata dell’olio di fegato di merluzzo, perché ricco di vitamina D, tanto salutare per il sistema immunitario. Chi non li ha mai assaggiati non può capire di quale gusto orribile stiamo parlando. Erano appuntamenti fissi. Al terzo rifiuto da parte mia ad assumerli scattava in automatico lo schiaffo. “Se sai che tanto devi prenderli perché mi fai perdere tutto questo tempo a convincerti?” diceva mia madre. “Ho altro da fare, non ho tempo per correre appresso a te.”
Oggi sono pochi quelli che danno valore al tempo. La nostra sembra la società dell’attesa, delle chiacchiere anziché dell’azione, (basta guardare un qualunque canale della televisione per avere un’idea chiara di quanto chiacchierino dalla mattina alla sera e, anche, a tarda notte, le centinaia di ospiti pagati profumatamente per mesi o, addirittura anni solo per parlare, per accendere discussioni infinite che poi solo in pochissimi casi portano a qualcosa di concreto. E’ la società della critica distruttiva anziché dell’esempio costruttivo, dei processi in TV, del lasciar fare agli altri, tanto se sbagliano si può sempre dar loro addosso con insulti e maldicenze senza mai lasciare la propria comoda poltrona. Basta un telefonino, no? Scrivi sui vari social, avveleni gli animi, e il giorno dopo passi ad offendere altri, magari quelli che il giorno prima hai lodato.
Questo sì che è agire.
Lo schiaffo non si dà più, evviva. Le mamme di oggi hanno sistemi più validi e più fruttuosi. I ragazzi sono meno violenti, più educati, hanno più valori, sono più rispettosi dei genitori, dei professori, delle istituzioni, delle regole. La violenza non c’è più, così come la povertà, mi verrebbe da dire. E qui le ‘faccine’ mi sarebbero di aiuto. Ne avrei parecchie da inserire.
Abbasso lo schiaffo della mamma, viva la nettamente migliore società di oggi.
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