BRIGANTESSE

Perché parlarne? Forse perché dimenticate o addirittura  considerate delle semplici donne di piacere sottomesse ai briganti? Niente di più sbagliato, di più falso e di più ipocrita. Accade spesso quando si parla di donne e, nel tempo, è cambiato ben poco.  E io le voglio ricordare in quanto donna anch’io.

A loro sono stati attribuiti  gli aggettivi più offensivi. Drude, per esempio,  ma non nel senso di leali e fedeli – come quando ci si riferisce agli uomini del periodo cavalleresco - bensì di ‘amanti’.

Perché non ricordare invece il loro ruolo di donne emancipate, coraggiose, libere, partigiane, di figure fondamentali nel movimento di lotta contadino che tra il 1860 e il 1870 sconvolse il sud dell’Italia? (Ma già nel 1821 Ferdinando I di Borbone aveva varato leggi per reprimere il fenomeno del brigantaggio). Queste donne determinate si dimostrano capaci di affiancare con coraggio i propri uomini e di partecipare attivamente alle rivolte contadine dell’epoca). Lottavano contro le ingiustizie e le condizioni di vita miserabile a cui era costretta la gente

E perché non ricordare e non condannare, da persone civili, le violenze che hanno subito quando, catturate dai soldati dell’esercito del Regno d’Italia, furono stuprate, torturate, derise, uccise e i loro cadaveri esposti denudati, e alla fine, dimenticate?  

Erano abili nel maneggiare le armi e capaci di comandare bande di uomini. Studiavano le truppe nemiche, curavano i feriti e rifornivano i compagni. Voglio menzionare, tra le altre,  Filomena de Marco, compagna del brigante Giuseppe Schiavone. Giuseppina Vitale compagna di Sacchitiello. Maria Giovanna Tito compagna di Carmine Crocco. Michelina Di Cesare compagna di Francesco Guerra ex soldato borbonico, e disertore per l’esercito italiano, che si diede poi alla macchia.

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